Quale impatto avrebbe sui redditi uscire dall’Euro e sostituirlo con una nuova valuta svalutata? Ci potremmo permettere un tenore di vita migliore?
Per i lavoratori dipendenti ed i pensionati la risposta è semplice: No. Avrebbero un reddito reale ed un potere d’acquisto inferiori.Intendiamoci, se misuriamo il potere d’acquisto dello stipendio con la capacità di acquistare servizi labor intensive, come taglio di capelli, ripetizione, riparazioni, ecc, allora il potere d’acquisto resterebbe più o meno uguale, dato che il costo di questi servizi si svaluterebbe svalutandosi lo stipendio reale dei lavoratori che li erogano, ma se misuriamo il potere d’acquisto con la capacità di acquistare ad esempio benzina (importata), banane (importate), merci estere in generale, vediamo che lo stipendio espresso nelle nuova valuta svalutata non permette di mantenere i consumi precedenti.
E non è un problema limitato alle merci importate. Infatti si estende anche a tutte le merci prodotte in Italia e facilmente esportabili. Ad esempio un mobiliere che produce un tavolo in noce prodotto con legno italiano che costi 50€ di materiali e 100€ di manodopera italiana oggi lo vende a 200€ sia in Italia che all’estero. Dopo la svalutazione della moneta, il costo della manodopera è sceso, ad esempio da 100 a 60€ in caso di una svalutazione del 40%, ed è aumentato il margine di profitto: all’estero i clienti continuano a comprarlo a 200€, quindi venderlo in Italia a meno di 200€ significherebbe rinunciare a una parte degli utili. Il tavolo quindi costerà 200€ anche in Italia. Il che significa che ora per l’operaio italiano il tavolo costa 33 ore di lavoro mentre prima gliene costava 20.
La stessa cosa capiterà anche per tutte le altre merci esportabili: se all’estero qualcuno è disposto a pagare di più, il prezzo non potrà scendere neanche in Italia.
Detto in altri termini, se qualcuno non può più permettersi i consumi precedenti significa il suo reddito reale è sceso. Imprenditori e lavoratori autonomi potrebbero cercare di far fronte alla svalutazione della moneta alzando le proprie tariffe, ma per i lavoratori dipendenti sarebbe una dura lotta e per i pensionati probabilmente non ci sarebbero speranze di recuperare il potere d’acquisto.
I pensionati potrebbero consolarsi con i loro risparmi? Beh, se sono investiti in titoli di stato, no: sono stati svalutati. E se sono in immobili o in attività economiche? Il valore di un immobile è legato alla richiesta, cioè a quanto qualcuno è disposto a pagare per affittarli (o acquistarli, ma il prezzo di compravendita dipende sempre dall’alternativa dell’affitto e dai tassi d’interesse), quindi se scendono i redditi reali scende anche la quota che può esser destinata a pagare un affitto e i prezzi degli immobili scendono. Analogamente anche il valore di una attività economica dipende dal reddito che può generare, quindi tutte le attività che non esportano e che vedono scendere i propri incassi in termini reali (anche se in termini nominali resta costante), il suo valore scende.
Quindi svalutare la moneta porta ad un effetto persino peggiore rispetto all’ipotesi di riguadagnare competitività tramite la riduzione degli stipendi, dato che nel primo caso oltre ad uno stipendio con potere d’acquisto inferiore, ci si trova ad avere anche i capitali svalutati.
Uscendo dall’Euro poi esporteremo di più
Dato che in termini reali il costo della manodopera sarebbe inferiore dopo la svalutazione, è chiaro che le merci prodotte in Italia costerebbero un po’ meno, quindi esportarle sarebbe più redditizio e ciò potrebbe spingere ad impiantare nuove aziende in Italia e ad aumentare l’occupazione.
E’ vero, questo effetto è analogo a quello che avremmo se dalla sera alla mattina abbassassimo gli stipendi di tutti i lavoratori: il reddito reale dei lavoratori scende in entrambi i casi ed in entrambi i casi ci impoveriamo. Ma dire ai lavoratori che il loro stipendio cala porterebbe a rivolte e disordini, mentre chi dice “usciamo dall’Euro” riceve pure gli applausi.
Ma se aumenta l’occupazione e le aziende lavorano di più, magari poi si rialzano gli stipendi…
No. Se gli stipendi reali tornassero al valore pre-svalutazione verrebbero a mancare i vantaggi per gli esportatori e torneremmo alla condizione di partenza. La competitività che l’Italia guadagnerebbe con la svalutazione dipende dal calo dei redditi reali dei lavoratori italiani. E l’abbiamo visto succedere svariate volte prima dell’arrivo dell’Euro: l’Italia ha svalutato più volte la Lira, dando ogni volta uno stimolo alle esportazioni e un colpo ai redditi ed ai risparmi degli italiani.
Abbiamo in quel modo risolto il problema del debito pubblico? No: sia gli stranieri che gli italiani pretendevano tassi di interesse altissimi, dato che tenevano in conto la forte inflazione ed il debito pubblico è sempre cresciuto.
Abbiamo creato una industria competitiva? No: le aziende che si sono ritrovate avvantaggiate dal cambio non hanno investito in efficienza ed in ricerca accontentandosi di competere sui prezzi. Proseguire su questa strada ci porterebbe a competere con Romania, Turchia, Cina, India. Se quello che desideriamo è una “decrescita felice” che ci porti ai redditi dei lavoratori cinesi, allora la strada della svalutazione competitiva è quella giusta.
Volete sentire cos’è stato il 1992 per chi allora si occupava di esportazioni?
“La lira, la svalutazione come strumento che facilita l’esportazione….ma chi dice queste sciocchezze ha mai venduto almeno un pacchetto di caramelle all’estero?Io i ricordi ce li ho ancora molto limpidi e dico grazie Euro, a maggior ragione oggi che abbiamo il processo di globalizzazione in stato ben più avanzato del 1992 avremmo la decuplicazione di quelle problematiche che già allora furono un disastro per un’Italia che muoveva i primi passi nell’esportazione, oggi diventata l’unico strumento che tiene in piedi la nostra economia.”
link alla fonte:
http://diariohispanico.com/quella-svalutazione-del-1992/